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RISCHIO DA ESPOSIZIONE AI RAGGI SOLARI E LE MALATTIE DELLA PELLE

Un pericolo insidioso, sottovalutato e nascosto. Si tratta dell’esposizione ai raggi solari – in particolare gli ultravioletti – durante l’attività lavorativa, più frequente nei mesi estivi e, tuttavia, non assente in ambiente chiuso quando ci si espone alle radiazioni ottiche artificiali (art. 214 D.Lgs 81/08). Un rischio difficile da valutare in ambito lavorativo perché le radiazioni solari non sono generalmente percepite come pericolose e perché presenti sia in ambito lavorativo quando si lavora all’aperto come nel caso degli operai edili, agricoltori, cavatori , marittimi ecc… sia durante il tempo libero, nella vita privata quando si praticano attività sportive e ricreative all’aria aperta o si fa uso delle lampade abbronzanti. Lo studio condotto da ISPO (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze) sulla casistica del Registro Tumori Toscano relativa ai tumori della pelle non melanoma ha dimostrato la complessità nella valutazione dell’incidenza professionale sulle malattie della pelle causate dall’esposizione alle radiazioni solari. In particolare dei 733 lavoratori intervistati il 27% ha dichiarato di aver effettuato lavori all’aperto, il 46% dei soggetti dichiara di avere avuto scottature, mentre una percentuale del 38% dice di fare attività ricreativa all’aperto e il 15% ha fatto uso di lampade abbronzanti. In ogni caso i lavoratori outdoor ricevono 3 volte la dose di radiazioni UV dei lavoratori indoor.
I dati sono stati presentati a Firenze il 18 aprile 2012 nell’ambito del Seminario dal titolo “Piano mirato regionale sul rischio di radiazione ultravioletta solare nei lavoratori outdoor” e dimostrano la complessità di definire l’esposizione alle radiazioni solari per il singolo lavoratore e di confrontare i livelli di esposizione per analoghe categorie professionali. Dunque, si tratta di un rischio subdolo, decisamente difficile da quantificare per quanto riguarda la sua incidenza in termini di malattia professionale. Tanto più che le radiazioni solari in quanto tali non sono trattate come rischio specifico nemmeno nel D.Lgs 81/08, che contempla le radiazioni UV A,B,C solo nell’ambito delle radiazioni artificiali al già citato art. 214, e per le quali si prevede una precisa procedura nell’individuazione e trattazione del rischio, da inserire nel Documento di valutazione dei rischi e nel protocollo di Sorveglianza sanitaria. Tuttavia, siccome le radiazioni solari si compongono per il 6% da raggi UV, classificati dallo IARC* come agenti cancerogeni, è facile supporre che l’esposizione alle radiazioni solari per un prolungato lasso di tempo a causa lavorativa, come capita anche agli operai edili nei cantieri all’aperto, sia nociva per la salute delle persone soprattutto se questo rischio è associato o si sovrappone contemporaneamente ad altri fattori di rischio e insiste sullo stesso soggetto. Pensiamo ad esempio a un operaio edile impegnato d’estate in un cantiere stradale: la persona si trova contemporaneamente esposta al rischio radiazione solare UV e al rischio da esposizione a IPA.

LE MALATTIE DELLA PELLE
E’ certo che in ottemperanza all’art. 28 del D.Lgs 81/08 che tratta la valutazione del rischio, “la valutazione deve riguardare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori”, rischi che in quanto tali devono essere inseriti nel protocollo di Sorveglianza sanitaria e correttamente monitorati dal medico competente, che relativamente alle radiazioni UV deve procedere a particolari verifiche anche in base al contesto clinico e di anamnesi del soggetto (pelle e occhi chiari, scottature, presenza di nevi, familiarità. E’ dimostrato che l’incidenza dei tumori della pelle è in aumento a livello mondiale e in particolare che l’esposizione cumulativa a radiazione UV è determinata sia da motivi occupazionali che ricreativi. Studi condotti in varie parti del mondo hanno osservato un’associazione significativa tra tumori della pelle e lavori all’aperto. Infine si rileva che l’aumento dell’incidenza del tumore della pelle (non melanoma tosi) ha un forte impatto sulla spesa sanitaria anche in termini di assenza dal lavoro per malattia.
Le malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità sono la cheratosi attinica, dovuta ad agenti fisici e i tumori: melanoma cutaneo e epiteliomi cutanei (non melanoma).

* IARC: International Agency for Research on Cancer. L’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro che identifica i fattori ambientali che incidono sul rischio cancro. Nell’ambito delle monografie IARC i raggi ultravioletti sono considerati fattori cancerogeni
classificati tra i 108 agenti del Gruppo 1. Gli studi IARC sono utilizzati dalle agenzie nazionali per la salute come supporto scientifico alle loro azioni per prevenire le esposizioni ai potenziali cancerogeni.

DPI E PREVENZIONE ALL’ESPOSIZIONE UV, UN PICCOLO VADEMECUM SU COME COMPORTARSI

L’utilizzo dei DPI e il comportamento del lavoratore possono influire significativamente sulla dose di UV assorbita. Le protezioni individuali come gli indumenti coprenti, i cappelli, gli occhiali da sole e i filtri per la protezione contro le radiazioni solari* sono necessarie per ridurre l’esposizione, in particolare in nei casi in cui non sia possibile lavorare in zone d’ombra, sotto ripari o schermi.
Un indumento protettivo è il cappello a tesa larga e circolare (almeno 8 cm) con protezione anche sulle orecchie, naso e collo. I cappelli da legionario sono ottimali, mentre i berretti da baseball con visiera non forniscono la protezione per le orecchie e per il collo che essendo aree particolarmente fotoesposte dovranno comunque essere protette dalle radiazioni UV, ad esempio con l’applicazione di creme solari.
Studi medici hanno dimostrato che gli agricoltori australiani che indossano il cappello a tesa larga riportano sulla fronte una dose 6 volte minore di assorbimento dei raggi UV, sul naso 3 volte minore, sulle guance 2 volte miniore.
Le creme solari hanno dimostrato la loro validità nel ridurre l’incidenza sia di alterazioni neoplastiche epiteliali della cute che di fotoinvecchiamento. Però bisogna fare attenzione ai possibili effetti fotoallergenici e fototossici associati all’ esposizione simultanea a sostanze chimiche ( es. antiparassitari) o vegetali (es. bergamotto, ombrellifere).
E’ dunque necessario che la scelta della crema solare sia effettuata con il coinvolgimento del medico competente.
COSA FARE
Si consiglia di creare, quanto più è possibile, zone d’ombra dove poter lavorare all’aperto. In caso di impossibilità a lavorare all’ombra è opportuno l’utilizzo di DPI specifici per proteggersi dalle radiazioni e utilizzare buone pratiche di comportamento che favoriscono la riduzione all’esposizione, come ad esempio, lavorare nelle ore in cui i raggi solari sono meno violenti, evitando di sporsi a torso nudo.

PICCOLO VADEMECUM
1) I raggi solari sono molto più intensi tra le 12 e le 16. Prova a ridurre il più possibile la tua attività in queste ore. Se puoi sosta all’ombra durante i pasti e gli intervalli di riposo.
2) Anche quando il cielo è nuvoloso vi è esposizione alla radiazione solare UV. Le nuvole, infatti, non sono in grado di bloccare il passaggio dei raggi ultravioletti. Vento e nuvole, riducendo la sensazione del calore del sole sulla pelle possono indurre a pensare che non vi sia il rischio di scottature, in realtà questo non è vero, pertanto proteggiti adeguatamente anche in queste situazioni.
3) Quando lavori al sole, anche se fa caldo non toglierti i vestiti (mai esporsi a dorso nudo), usa invece indumenti traspiranti e comodi che non ostacolino i movimenti.
4) Vai alla ricerca dell’ombra tutte le volte che è possibile. Ombrelloni, tende, gronde e alberi forniscono ombra. Lavorare nelle zone ombrose ti aiuta a ridurre i danni provocati dal sole e nella tua azienda dovrebbero essere create idonee zone d’ombra.
5) Prevedi una rotazione dei compiti tra attività all’aperto e al chiuso e attività al sole e all’ombra.
6) Proteggi il corpo, la pelle e gli occhi: usa abiti di colore scuro che proteggono di più dal sole, usa pantaloni lunghi e maglietta con le maniche. Fa in modo che cappelli a tesa larga e occhiali da sole diventino parte della tua divisa.

ALCUNI DATI
Dei 733 lavoratori intervistati dallo studio ISPO (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze) sulla casistica del Registro Tumori Toscano relativa ai tumori della pelle non melanoma risulta quanto segue:
• il 19% del campione utilizza creme protettive durante le ore di lavoro mentre il 26% usa le creme durante le attività ricreative.
• Sui controlli dermatologici, il 74% dice di non aver mai fatto visite dermatologiche, il 15% ha fatto una sola visita, solo il 2,7% effettua visite periodicamente.
• Per quanto riguarda l’abbigliamento usato durante il periodo estivo risulta che il 73,3% usa una maglia corta, solo il 17,6% una maglia lunga. Il 28% è a dorso nudo e il 29,6% in canottiera.
• Il cappello è usato nel 64,5% dei casi e gli occhiali solo nel 40%.

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